Il bando di ammissione relativo al nuovo anno accademico ci fornisce una atroce conferma: l’Unical e l’Università Pubblica stanno calando a picco. I tagli della legge 133 del 2008, che come movimento studentesco avevamo fortemente contrastato e le cui conseguenze erano state ampiamente denunciate, hanno costretto gli atenei a ridimensionare l’offerta didattica e colpire il diritto allo studio. Sono ben 765 i posti in meno disponibili per gli studenti che intendono immatricolarsi nel nostro ateneo, con facoltà che dovranno chiudere la porta in faccia a centinaia di studenti in più rispetto all’anno passato, con tre percorsi formativi aboliti e tutto questo riguarda solo le lauree di primo livello.
Le tasse, come ormai accade costantemente da anni, sono a loro volta aumentate mentre il budget delle facoltà, ovvero i soldi con cui si finanzia la nostra didattica, sono dimezzati, per non parlare della ricerca per cui è in atto un vera e propria devastazione. Ed i tagli subiti fino a questo momento dal sistema universitario non sono neanche la metà di quelli previsti dalla famigerata legge Tremonti-Gelmini, quindi c’è da prepararsi al peggio. Questo dimostra quanto sosteniamo da tempo, ovvero che i tagli al settore universitario sono tutt’altro che mirati a colpire le caste baronali, che anzi rischiano di uscire rafforzate dalla guerra tra poveri che si sta scatenando in una università affamata. I tagli, così come il DDL in discussione in queste settimane al senato, hanno un solo obiettivo: terminare il processo di dequalificazione e distruzione dell’università pubblica italiana per colpire il diritto universale alla formazione ed al sapere, in favore di un sistema privato accessibile solo a pochi privilegiati.
Le responsabilità sono a tutti i livelli, anche di coloro che oggi lamentano poca attenzione o si sono svegliati all’improvviso mentre la barca cala a picco, rendendosi conto di non disporre di scialuppa di salvataggio. Ci riferiamo al rettore dell’Università della Calabria, che attraverso l’adesione ad AQUIS e la politica concertativa ha rotto il fronte degli atenei italiani elemosinando al ministero poche briciole. Ci riferiamo all’intera classe docente, la quale, fatte salve poche eccezioni, ha fatto ben poco nell’ormai decennale processo destrutturante dell’Università e si è trovata spesso ad avallare decisioni scellerate.
Siamo persino stanchi di aver ragione nei confronti di chi ha preferito girare il capo e non guardare quello che stava accadendo, ora ci troviamo al capolinea. Gli studenti, di oggi e di domani, e le loro famiglie sono coloro che pagheranno le conseguenze più gravi di queste manovre, per questo continueremo a rivendicare il ritiro in toto del DDL Gelmini sull’università e l’abolizione della legge 133/08 con il reintegro dei fondi pubblici al Fondo di Funzionamento Ordinario delle università.
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