Comunicato in risposta alla lettera del Rettore al direttore de “Il Quotidiano della Calabria”


Caro Rettore,

ci spiace che lei si limiti a chiedere una non precisata “attenzione” ad un mezzo di stampa piuttosto che rispondere agli studenti dell’università che presiede, magari con elementi concreti e non con proclami o etichette. Ci spiace, ma non ci stupisce. Abbiamo imparato, durante la sua lunga amministrazione, che i criteri di valutazione da lei utilizzati sono esclusivamente contabili o pubblicitari: non a caso si è dimostrato più turbato nel leggere un’opinione potenzialmente dannosa per l’immagine dell’Unical piuttosto che nel chiudere la porta in faccia ad 800 ragazzi calabresi intenzionati ad intraprendere gli studi universitari. Come lei ben sa i nostri criteri di valutazione dell’università sono radicalmente diversi: in primo luogo il diritto allo studio, ovvero la garanzia di poter studiare e laurearsi per tutti coloro ne hanno l’intenzione, senza barriere numeriche, economiche e sociali. Il nuovo bando di ammissione, così come il costante aumento delle tasse, sancisce una direzione imboccata ormai da tempo: il ritorno ad una università per pochi privilegiati, in barba a quella stessa funzione  sociale per cui l’Unical è stata fondata. In secondo luogo teniamo a cuore la qualità della formazione, quella reale, non quella proclamata da lei, dai suoi colleghi e dal ministro. Intendiamo la capacità a formare individui colti e coscienti, che sappiano osservare la realtà e incidervi, non esserne in balia. Anche da questo punto di vista, lo lasci dire a chi lo vive sulla propria pelle, la nostra università non fa altro che fornire accozzaglie di nozioni spinte a forza in tempi da fabbrica. Il risultato è che la laurea è solo un foglio di via per anni di disoccupazione o, nel migliore dei casi, di precarietà. Per questo, lo ribadiamo, l’Unical e l’università italiana sta colando a picco. Se con le sue riflessioni intendesse semplicemente sottolineare che il tracollo è generale e non esclusivamente del nostro ateneo, potremmo persino essere d’accordo. Generale come le responsabilità della classe dirigente dell’università italiana, primi fra tutti i rettori.

Quello che non le permettiamo è di sostenere che intendiamo danneggiare la nostra università: denunciando tutte le enormi lacune del sistema universitario italiano e del nostro ateneo, intendiamo evitare che i nostri successori incappino nella stessa disavventura in cui sono costrette a imbattersi intere generazioni di studenti. Il suo atteggiamento per quanto riguarda il danno d’immagine è simile a quello di coloro che preferiscono non scoprire depositi tossici in mare perché questo penalizzerebbe la pesca ed il turismo. Un atteggiamento irresponsabile ed emblematico, da cui, ovviamente, ci sentiamo distanti anni luce.

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