Anche la Corte Costituzionale ci da ragione


RENDE, 17/01/2013_Comunicato Stampa

 

L’UniCal in emergenza democratica:

il Rettore e gli altri organi sono incostituzionali!

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Le motivazioni che la Corte Costituzionale ha depositato lunedì scorso riguardo al giudizio d’incostituzionalità sull’ormai andata legge elettorale (il “porcellum”) ci dicono parecchie cose anche in materia delle scottanti attualità della nostra università. Non è certo nostra abitudine affidarci a paludati costituzionalisti per argomentare le nostre istanze, ma nel caso vengano nella nostra direzione, sarebbe scortese scansarli del tutto.

La realtà universitaria è davvero in una situazione grave. Altro che aperture e partecipazione, il risultato oggettivo è diametralmente opposto se applichiamo provocatoriamente il dettato della Sentenza all’UniCal. Nelle motivazioni contenute nella stessa ci sono, infatti, evidenti riferimenti alla rappresentatività degli organi elettivi: “La previsione dell’attribuzione del premio di maggioranza recata dalle predette disposizioni comprometterebbe poi l’eguaglianza del voto e cioè la «parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso», in violazione dell’art. 48, secondo comma, Cost., tenuto conto che la distorsione provocata dalla predetta attribuzione del premio costituirebbe non già un mero inconveniente di fatto, ma il risultato di un meccanismo irrazionale poiché normativamente programmato per tale esito.”

Questo si distanzia di misura dai metodi di partecipazione e trasparenza che sono stati applicati nella nostra Università (per restare all’UniCal). Infatti, nonostante si conoscessero gli effetti mortali della Legge Gelmini, si è scelto di applicarla e in alcuni tratti di peggiorarla. Per restare concretamente agli ultimi anni, ogni passaggio è stato gestito senza un confronto pubblico e aperto sui temi da affrontare e sui documenti da redigere. Ma non solo. A ragion veduta, si può dire lo stesso sulle scelte prese in materia di didattica, ricerca, di assunzioni di personale, eccetera eccetera.

Stando sempre ai fatti, anche il volto degli stessi eletti è stato designato sulla base di una sostanziale discriminazione delle componenti della comunità universitaria e dell’annichilimento della maggioranza. Nella nostra università il maggioritario sarebbe perfino un lusso. Infatti, proprio il Rettore è stato eletto “pesando” i voti di ogni componente, al fine di rendere inoffensivo il parere della grande massa rispetto a quello del “corpo docente”. Quanto vale un voto di un personale Ata? Un terzo di quello di un professore ordinario. Ma per gli studenti la cosa è ancora più democratica: loro sostanzialmente non hanno votato, poiché su oltre 30.000 studenti hanno potuto partecipare al voto solo in 146, per di più pesati in maniera tale da contare circa 1/300 (un trecentesimo) di professore. Si potrà obiettare che 30.000 votanti sono troppi, ma sarebbe come dire che per le elezioni politiche del parlamento italiano potessero votare solo i rappresentanti delle Provincie e delle Regioni.

La stessa cosa vale per l’elezione del Consiglio di Amministrazione e del Senato, che sono stati eletti “per componente” e quindi, di fatto, componenti numericamente maggioritarie hanno avuto un peso pressocché nullo (senza entrare in alcune dinamiche elettorali “poco trasparenti”). E ancora: perché, per esempio, nel consiglio di dipartimento siedono tutti i docenti e i ricercatori, mentre solo una rappresentanza eletta di studenti e nessuno del personale Ata? Sarebbe come dire che nel parlamento regionale siedono tutti gli ingegneri, mentre solo una rappresentanza di economisti e nessun disoccupato.

Non c’è sicuramente da stupirsi, quindi, se la politica universitaria abbia l’abitudine di essere molto poco trasparente sia in termini di pubblicizzazione di regolamenti ed atti (come più volte denunciato, anche da membri del Senato Accademico) che in materia di decisioni da prendere e di vie da imboccare. Anche questo Rettore si sta inserendo in questa strada. Lo dimostrano le denunce del Senatore dei ricercatori F. Puzzo sugli atti degli organi consiliari e l’assemblea d’ateneo “a una direzione” dello scorso dicembre.

Per quanto detto, sarebbe conseguenza logica che gli organi di questa università rassegnassero formalmente le dimissioni in virtù del tanto decantato amore verso la comunità universitaria che dicono di rappresentare. Questo metodo di elezioni (che spesso comprende anche l’uso della nomina) non garantisce nessuna rappresentatività ed è dunque quantomeno illeggittimo. E’ sotto gli occhi di tutti che proprio questi organi, senza rendere conto a nessuno, stanno continuando a portare questa università in uno stato di crisi non solo di democrazia, ma anche della didattica, della ricerca e dei servizi. L’ennesimo banco di prova sarà la riscrittura dello Statuto, che non potrà avvenire a porte chiuse.

Come abbiamo dichiarato nell’assemblea di ateneo, crediamo che si possa risollevare il presente dell’Università della Calabria solo attraverso processi trasparenti e realmente partecipati. Noi siamo pronti e per questo lavoreremo alla costruzione dal basso di un tavolo permanente in difesa dell’istruzione pubblica che rimetta al centro i contenuti e i bisogni reali di chi vive l’UniCal. Questo Ateneo è fondamentale per il presente di molti giovani e per il futuro di questa regione. Lotteremo perché non rimanga un giocattolo nelle mani della speculazione di potere o economica.

Laboratorio Politico P2 Occupata

Cubo 40 C, Università della Calabria, Rende (CS)

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