Sulle elezioni studentesche


 RENDE, 28/11/2012_Comunicato Stampa

Lezioni che improvvisamente scompaiono, esami che, invece di essere fissati fin dall’inizio del corso, si ritrovano accavallati e compressi, professori che giocano a nascondino, laboratori che sembrano inesistenti e programmi di studio in costante decadenza.

Gli studenti dell’unical possono stare tranquilli: tutto questo andrà sempre peggiorando. Il futuro di coloro che scelgono l’alta formazione è avvolto da uno strano silenzio che ha contraddistinto anche questo momento di campagna elettorale.

Abbiamo ancora chiare nella mente le immagini di una aula magna vuota; immagini che hanno contraddistinto la campagna delle elezioni per il senato di professori, personale tecnico amministrativo e ricercatori. A fronte di una grande affluenza alle urne, i grandi temi della didattica universitaria sono stati completamente elusi o trattati con superficialità e confusione. E di cos’altro si sarebbe dovuto discutere in una università? Quale è stata la spinta per tanta partecipazione? Se non le assemblee pubbliche in aula magna, quali sono stati i luoghi di decisione? Intanto erano nel vivo i lavori per la scrittura dei nuovi regolamenti d’ateneo – tra cui proprio quello sulla didattica.

C’è chi se n’è dimenticato e chi preferisce dimenticarsene, ma stiamo ancora vivendo le conseguenze – è bene ricordarselo – delle misure Tremonti-Gelmini. Un attacco frontale ai finanziamenti per l’istruzione pubblica, una riduzione di risorse e di personale che ha messo in seria crisi le già precarie condizioni di scuole ed atenei. Un attacco che è stato in particolare subito dalla comunità universitaria, soprattutto pesando sulle spalle degli studenti e delle loro famiglie. Quali soggetti sono stati maggiormente colpiti? Quali si sono realmente opposti a questo sfacelo? Come riusciremo a costruire lezioni, laboratori e ricerca?

La riforma Gelmini della governance ha originato uno dei periodi più bui della democrazia universitaria. Non è un caso infatti che la stagione del letargo, succeduta alle grandi mobilitazioni studentesche, sia stata amplificata, nella primavera dell’anno accademico 2010/2011, con l’insediamento della commissione di riscrittura dello statuto d’ateneo. Quale progetto si vuole mettere in campo per l’università della Calabria? L’università si sta totalmente ristrutturando in assenza non solo di confronto, ma anche solo di semplice informazione.

Mentre con ambigua solerzia si sono costruiti i dipartimenti e eletti i loro capitani di ventura, nessuno parla delle responsabilità di questa deriva, nessuno parla dei reali effetti del blocco delle assunzioni per la didattica e la ricerca. Quale sarà il futuro di molti piani di studio e corsi di laurea, alla luce delle pericolose difformità dei quattro nuovi regolamenti d’ateneo?

In più, il confronto si riduce ulteriormente quando la discussione si sposta sulle distribuzioni e sull’impiego dei fondi pubblici per l’istruzione: dov’è la trasparenza nei bilanci? Dove è la reale partecipazione pubblica nella gestione dei nostri beni, che vediamo sempre più scivolarci di mano?

A quesiti come questi si sarebbe dovuto cercare una risposta. Registriamo che questi interrogativi continuano ad essere un terreno da cui qualcuno vuole tenere adeguatamente distante la comunità universitaria. Ci pare chiaro, infatti, che queste elezioni studentesche non hanno rappresentato un cambiamento, eccezion fatta per il risveglio dei mestieranti della stretta di mano e del favoritismo. Questo ha adeguatamente condito la distanza degli studenti dalla gestione della loro università e la vicinanza dei “nostri” probabili rappresentanti alla linea tracciata finora: una gestione del bene pubblico come privilegio di pochi. Degli altri ci si ricorda solamente scaduto il mandato. Le modalità e il dato dell’affluenza alle urne di questi giorni lo confermano.

Inutile dire che ci saremmo aspettati una percorso largo e partecipato in cui tutti coloro che abitano questo campus si fossero uniti per confrontarsi e prendere posizione sulle sorti comuni. E’ questo il modello in cui crediamo. Solo così potremo realmente superare questo momento di crisi. Questi ultimi anni di unical ci hanno dimostrato che, se così non fosse, il governo dell’ateneo potrà essere unicamente il reiterarsi di un baronato in cui il potere amministrativo si condivide esclusivamente con chi può tornare utile al proprio tornaconto.

Collettivo p2*occupata

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