RENDE, 23/01/2013_Comunicato Stampa
Il Senato Accademico di martedì ha discusso di questioni di primaria importanza per il futuro di questa Università pubblica. Tra tutte le questioni all’ordine del giorno, quella più attuale è certamente la discussione sulla didattica, le sue problematiche e le prospettive.
Il sistema della didattica universitaria italiana oggi è terribilmente sottodimensionato a causa del blocco delle assunzioni di ricambio ai pensionati, uno tra gli atti rilevanti di una serie di amministrazioni scellerate. Quel blocco del turn-over imposto dalla normativa nazionale ed accolto con subordinazione dalla maggioranza del corpo docente e imposto alle altre componenti della comunità universitaria.
Ma a quanto pare non è il caso dell’UniCal che resta nei limiti dell’ultimo decreto per la valutazione degli atenei, anche se al millimetro. Di problemi ce ne sono, l’UniCal è un sistema sbilanciato. Da un lato dipartimenti che hanno un organico fortemente sottodimensionato, con sofferenze che nei casi più asfittici superano le 1500 ore (l’intero carico didattico di un corso triennale!). Dall’altro dipartimenti “esuberanti” con quasi 500 ore in avanzo. A quanto pare, non sarà questo l’anno delle grandi manovre. Le direttive del senato sono chiare: per quest’anno l’offerta formativa resta invariata. L’orizzonte per la “razionalizzazione” vera della didattica ad Arcavacata è gennaio 2015 e, per tutti, il viaggio è bene che inizi da subito.
Nel frattempo, di vittime già ce ne sono state molte e, a nostro avviso, molte ce ne saranno. Prima di tutto gli studenti che vedono giorno dopo giorno deperire la qualità degli insegnamenti, senza avere un vero spazio di intervento e d’azione.
Dovremmo essere noi studenti il metro di misura di questo Ateneo e invece si discute solo di parametri e coefficienti. Anche le briciole di valutazione studentesca, affidate alle indagini IVADIS all’UniCal, a causa dei diktat ministeriali stupidamente coercitivi sul metodo di raccolta e per la mielosa sensibilità con cui vengono trattati i giudizi sui docenti, sono diventate un piacevole esercizio per cartai e burocrati.
Oggi più che mai è vivo il rischio che i nostri piani di studio, ciò che studiamo e studieremo, siano rimessi alle necessità dei dipartimenti in crisi e non a quelle degli studenti e del territorio calabrese. Questo, secondo noi, sarebbe un grave errore. Come sarebbe un errore continuare a fare orecchie da mercante ad una richiesta chiara che è quella di costruire un tavolo in difesa dell’istruzione pubblica, trasversale alle componenti UniCal che, in questo anno, possa davvero pianificare una nuova didattica, completa e sentita da tutta la comunità universitaria e non solo.
L’assenza di coinvolgimento non riguarda solo gli studenti, ma anche i lavoratori di questa Università. La situazione, infatti, è precaria anche tra i dottorandi, che nell’Unical avevano riposto speranze, e tra i ricercatori e personale Ata che speravano in una assunzione. Quasi in concomitanza con l’assemblea di ateneo di dicembre, in cui il Magnifico si sperticava in promesse e giustificazioni, il CdA UniCal decideva in solitudine di stanziare cifre irrisorie per il reclutamento di ricercatori e di non rinnovare i contratti a molti Ata. Quale futuro per le loro famiglie? Nemmeno un confronto. L’UniCal deve accettare dei sacrifici che poi vengono scaricati sulle fasce più deboli della comunità accademica. Questa è la crisi democratica che stiamo denunciando: le questioni importanti non vedono la luce del sole.
Come diciamo da tempo, la sordità degli organi del nostro ateneo dimostra come, ancora oggi, a più di un anno dall’introduzione dei nuovi dipartimenti, siamo senza un piano strategico per la didattica e la ricerca. Chi amministra l’UniCal scarica le sue responsabilità rincorrendo la politica dei coefficienti, delle mediane e degli indicatori ministeriali. Gli organi di questa università, stando ai fatti, non hanno più rappresentatività e contatto con i bisogni della comunità universitaria. Per ripartire, senza equilibrismi, si dovrà invertire la rotta e spalancare le porte di quelle stanze, in cui solitamente si ragiona in pochi, per aprirle a tutta la popolazione universitaria. Solo così torneremo ai contenuti concreti e usciremo da questo clima paludoso, da campagna elettorale permanente. Noi, insieme ad altre componenti di questa università, stiamo iniziando a lottare per questo.
Laboratorio Politico P2 Occupata
Colettivo studentesco CuboRisonante
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