Nelle ultime settimane il clima tra gli atenei del meridione si è surriscaldato attorno al decreto in materia di assunzioni del 9 agosto targato MIUR a firma del ministro Maria Chiara Carrozza (DM 713/2013).
Gli scudi delle università del sud si sono levati contro la sperequazione che il nuovo meccanismo distributivo dei PO (punti organico) determina tra questi atenei e quelli del nord che ne risulterebbero avvantaggiati.
Non serve entrare nel merito della selva burocratica che, a partire dal 2009 con la circolare Masia, ha fatto si che all’università i conti non si facciano in euro ma in PO, per comprendere quanto il sistema universitario italiano si stia soffocando di carta nella speranza che quest’ultima possa migliorare la situazione.
I fatti sono semplici. E la “questione meridionale” c’entra ben poco.
Docenze dal 2008 al 2012. Ufficio statistiche del MIUR
Dalla legge 133 del 2008 volontà politiche ben precise hanno bloccato il naturale meccanismo di compensazione dei pensionamenti (turn over). Questo non senza responsabilità da parte di quegli ambienti accademici teorici della virtuosità economica.
Così il numero dei professori in servizio nelle università italiane, stando alle statistiche ministeriali, è sceso di tredici punti percentuali in meno di cinque anni e questo prima della Carrozza. Nonostante a scendere siano state pure le iscrizioni degli studenti, questo ha comunque portato ad avere 1 solo professore per 18 studenti, con importanti ripercussioni sulla qualità della didattica. Stando ai dati rilevati dall’organizzazione per lo sviluppo economico e per la cooperazione (OECD) nel suo studio “Education at a Glance” pubblicato nel 2012, nell’area G20 peggio di noi solamente Indonesia, Sud Africa, Belgio, Slovenia e Repubblica Ceca. Questi paesi hanno già ricominciato ad investire sulla formazione. Noi? Stando all’ultima legge di stabilità, fermeremo la discesa lentamente per tornare a poter rimpiazzare tutti i pensionati dell’anno precedente solamente fra cinque anni. In soldoni: i professori continueranno a diminuire fino al 2018 per poi restare pochi per sempre.
Di fatto, la natura iniqua dei meccanismi di distribuzione dei PO alle università, non è una novità del duemilatredici. Gli atenei sono identificati come virtuosi o meno secondo criteri di bilancio sin dall’1 gennaio del 2009.
Purtroppo, per essere chiari, siamo costretti ad entrare nel merito.
Nel tempo che ci separa dal 2008 la normativa che decide cosa sia o non sia virtuoso ha fatto veloci passi in avanti e su questo bisogna porre la giusta attenzione. All’indicatore di virtuosità “classico”, quello di Mariastella Gelmini, il tecnico Profumo ne ha affiancato un secondo che, per l’entusiasmo con cui è stato accolto un po’ da tutti, pare avere tutte le carte in regola per sostituirlo. Il primo consiste, banalmente, nel minimizzare il rapporto tra spese per stipendi e fondo statale per il funzionamento ordinario, il secondo è un po’ meno immediato, ma altrettanto ridicolo; viene denominato indicatore di stabilità economico-finanziaria (ISEF).
Secondo l’ISEF dei tecnici: se spendi poco sei virtuoso, se riesci ad accaparrarti progetti nazionali sei virtuoso, se alzi le tasse agli studenti sei virtuoso.
Se prima era virtuoso chi accettava col sorriso i tagli del governo traducendoli, con ebete automatismo, in licenziamenti e riduzione dell’offerta formativa, oggi il virtuosismo consiste nel saper trasformare tutti gli atenei dando loro la stessa connotazione: didattica per i pochi studenti che possono permettersela e ricerca finalizzata alla soddisfazione delle volontà ministeriali del momento (ora crescita istantanea del PIL). Questo indipendentemente dal ruolo e dai bisogni territoriali per cui ognuno dei circa 60 atenei Italiani è nato.
In sostanza, ad oggi, i governanti d’Italia sembrano gli unici in Europa a credere che l’alta formazione di tutti i loro elettori e non solo non sia un fattore di sviluppo economico.
E’ vero che alzare il livello medio di conoscenza di una società non deve necessariamente portare a maggiori introiti e ad una maggiore produzione. Per alzare il PIL sarebbe meno problematico avere a disposizione persone ubbidienti comandate da una élite accomodante, selezionata nei propri vivai, piuttosto che milioni di cittadini che grazie al diritto alla formazione fanno crescere la loro consapevolezza e le loro capacità.
Ma la crescita incondizionata e il profitto non sono il criterio da utilizzare, dovrebbero esserlo invece le necessità dei cittadini e dei territori.
L’Università della Calabria ne è la lampante dimostrazione. In una terra di confine come la nostra e come molte altre ce ne sono, non solo al sud, la ricaduta sociale di una Università va ben oltre la crescita economica.
Da qui bisogna partire per risollevare le sorti di tutti gli atenei Italiani. E’ necessario che questo dica tutta la comunità universitaria italiana, a partire da quella dell’UniCal. Rinnegando quella politica che ci vuole oggi in ginocchio ad elemosinare la giusta disparità di trattamento, tra i virtuosi di secondo livello e noi virtuosi semplici ed a sperare, ancora una volta, che dalle pagine delle future normative non prendano forma nuovi e più temibili mostri.
Non permettiamo al blocco del turn-over di portare al collasso il sistema universitario italiano. Manteniamo il finanziamento attuale e portiamo i livelli di ricambio docente a prima della scellerata riforma Gelmini.
Il blocco del turn over deve finire adesso!
Ma questo non basta. Crediamo che si debba investire nell’istruzione pubblica e per ciò risanare gli effetti che il turn over ha avuto sulle nuove assunzioni negli ultimi cinque anni (dalla legge 133 del 2008).
Vogliamo un piano di rifinanziamento che recuperi i tagli degli ultimi anni!
I criteri e i finanziamenti con cui si deve misurare la crescita dell’istruzione pubblica devono venire da un reale confronto all’interno di ogni ateneo tra tutti gli studenti e i lavoratori. Solo con una trasformazione “partecipata” si può uscire da questa situazione di crisi.
Tutta la comunità universitaria deve decidere cosa è virtuoso!
Laboratorio politico p2occupata – Cubo Risonante
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