Elezioni e Istruzione pubblica: quando decidiamo noi?


Il 24 e il 25 febbraio gli italiani sono chiamati alle urne per decidere del futuro governo del nostro Paese. I tre grandi schieramenti che si contendono la legislatura sono: il PD di Bersani, il PDL del padre padrone Berlusconi ed il “terzo polo” dei vecchi Casini, Fini e del tecnico, scopertosi improvvisamente politico, Monti. Non possiamo non notare come, a completare il desolato panorama elettorale, ci sono una serie di compagini politiche che puntano sullo sclerotico meccanismo del porcellum per contare qualcosa in una logica di grande coalizione, accompagnate dalla figura di Grillo, disposto ad essere tutto e niente pur di cavalcare il disagio popolare.

In questo periodo di campagna elettorale i temi che ci riguardano da vicino vengono trattati in maniera decisamente superficiale, più per opportunismo che per reale interesse. Per questo, è necessario ricordare le riforme disastrose negli anni passati e le relative responsabilità. Concentriamoci sull’ambito a noi più vicino: quello universitario e della ricerca.

 

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E quando decidiamo noi???

Fu la riforma Zecchino-Berlinguer del centro-sinistra ad introdurre nel 1999 il DM 509 con il 3+2 e la schematizzazione dei saperi attraverso i crediti formativi (cfu). Perché dividere gli insegnamenti in due lauree distinte: una inutile triennale ed una presunta magistrale? La frammentazione dei corsi di laurea e degli stessi esami ha compromesso l’apprendimento, innescando una corsa alla raccolta crediti a discapito della qualità della preparazione. Oramai è un fatto che l’aver misurato la conoscenza attraverso dei coefficienti come i crediti formativi universitari (CFU) ha dato vita ad una offerta didattica inadatta alla formazione degli studenti.

 Fu ancora la coalizione capitanata dal PD che con la finanziaria del 2006 tagliò i fondi alla ricerca, già piuttosto scarni, da 130milioni a 80milioni.

«Perché dovremmo pagare uno scienziato quando facciamo le migliori scarpe del mondo?».

Così Silvio Berlusconi ha recentemente giustificato i super-tagli Tremonti-Gelmini (-7 miliardiall’istruzione e alla ricerca pubblica), di cui il suo ultimo Governo è stato fautore.

Premiando la “virtuosità” degli Atenei solo in base ad un mero criterio di bilancio economico, riducendo la democrazia con un Cda ristretto ed aprendolo ai privati “di comprovata esperienza di gestione” si fa un passo importante verso la privatizzazione delle istituzioni pubbliche.

Dove portano i tagli, la limitazione delle assunzioni con il blocco del turn-over, il caos provocato dalla completa ristrutturazione dei Dipartimenti e dalla riscrittura degli Statuti d’Ateneo? Sono molte le aziende e le baronie che attendono di speculare sulla didattica, la ricerca e i servizi per gli studenti.

“[…]le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili”.

Così, il professor Monti dichiarava al Corriere della Sera del 2 Gennaio 2011. Il governo del tecnico, ormai palesemente politico, Mario Monti, ha confermato i tagli e la linea tracciata dalla coppia Gelmini-Tremonti anche se forse non ha avuto il “tempo tecnico” per attuare appieno le sue “buone intenzioni”.

Durante il suo mandato si è tentato, inoltre, di mettere mano al valore legale dei titoli di studio e della laurea nei concorsi pubblici, per rendere ancora più carta straccia gli attestati pubblici. (Tema poi abbandonato all’interno del decreto semplificazione).

Il ministro “tecnico” Profumo sta cercando di far approvare in extremis, approfittando della querelle elettorale, il decreto sul diritto allo studio universitario previsto dalla riforma Gelmini. Questa misura cambierebbe le caratteristiche di assegnazione delle borse di studio, delegando alle regioni il compito di mettere materialmente in campo i tagli “imposti dal rigore europeo”.

SE TI STAI SCERVELLANDO PER CAPIRE CHI E’ IL MENO PEGGIO, RILASSATI!

L’UNICO MODO PER DIFENDERE L’ISTRUZIONE PUBBLICA, IL NOSTRO FUTURO,

E’ LA PARTECIPAZIONE

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locandine con meno scritte A3

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