Ora il DDL Gelmini è legge. Le mobilitazioni studentesche in tutta Italia hanno denunciato il progetto criminale del Governo, il quale, favorendo i potentati economici del paese, sta assestando probabilmente l’ultimo fatale colpo all’Università Pubblica Italiana ed al diritto di accesso ai più alti gradi della formazione per un intero popolo.
In queste settimane la commissione nominata dalle alte sfere del nostro ateneo sta provvedendo alla stesura del nuovo statuto secondo i dettami imposti dalla legge Gelmini: dopo essere stato connivente col governo per anni, tentando continuatamente di disinnescare la rivolta di studenti e ricercatori, il baronato non deve fare altro che conservare e rafforzare il proprio apparato di potere dando concretezza al nuovo modello di Università al servizio del mercato e di confindustria.
Detta in soldoni, aldilà delle barzellette del governo, chi prima era potente, costituiva apparati clientelari, influenzava i concorsi, sprecava i nostri soldi, ora è ancora più potente. Chi vede nella Università l’unica via per un ormai utopico riscatto sociale, chi investe in essa sogni, cervello, tempo e soldi, chi non ha mai deciso nulla ma da sempre subisce le scelte calate dall’alto, continua a subirle ed a vedere peggiorate le proprie condizioni.
È sempre una questione di soldi. Dopo aver affamato l’istruzione pubblica con i tagli della legge 133 e delle spregiudicate finanziarie di Tremonti, ci propinano come soluzione l’Università dei prestiti d’onore, dei CDA nominati, dei privati, dei membri esterni con “comprovate capacità gestionali”, l’Università di chi se la può permettere e il resto a fare i disoccupati o peggio in un call-center.
Dalle nostre parti le borse di studio sono state dimezzate, tutti i servizi sono stati ridimensionati, alcuni persino soppressi, le tasse aumentano ed il grosso dei tagli previsti ancora deve arrivare.
Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: la classe dominante non sta avendo premura di affondare solo l’Università Pubblica. Con la scusa della crisi e degli sprechi di cui egli stesso è responsabile, il tandem Governo-Industriali sta gettando sul lastrico la Sanità Pubblica (si pensi alla chiusura degli ospedali in Calabria) e gli enti locali i quali si stanno già premunendo nel sopprimere servizi al cittadino ed aumentare le imposte (si pensi alla tassa sui rifiuti solidi urbani); sta demolendo il già obsoleto servizio di trasporti nazionale, soprattutto al sud; continua a colpire avidamente e brutalmente le pensioni, gli ammortizzatori sociali, i diritti e la dignità dei lavoratori. In poche parole sta distruggendo lo Stato Sociale.
Eppure, nel frattempo, si trovano i soldi per bombardare la Libia, per tenere i nostri soldati ad occupare l’Afghanistan, per finanziare le scuole ed università private, per salvare le banche degli amici, per socializzare le perdite di fabbriche private, per finanziare Grandi Opere appaltate da imprese legate a doppio filo con chi governa (per esempio Impregilo Spa o ‘Ndrangheta Spa). L’elenco sarebbe molto più lungo, ergo i soldi ci sono eccome.
Di fronte a tutto questo, i nostri sforzi non possono fermarsi ad impedire la stesura dello statuto dell’ateneo.
È necessario riprendere il corso di una mobilitazione che è scemata forse per stanchezza, ma che oggi ha ancora più ragione d’esistere. Una mobilitazione che riparta dalle Università, ma anche dai luoghi di lavoro e dai territori, i quali oggi come ieri hanno una unica controparte. Una mobilitazione che blocchi il paese con un unico, chiaro obiettivo: cacciare via il governo. Non perché ce ne sia un altro pronto a sostituirlo brillantemente oppure semplicemente “meno peggio”, ma per esercitare finalmente la propria sovranità di popolo.
Dicevamo “blocchiamo tutto” ed in questo senso qualcosa abbiamo fatto, a partire dall’occupazione del Rettorato che forse abbiamo abbandonato troppo facilmente. È ora di riprendere quel percorso, uniti, senza tergiversare e senza illuderci che la concretizzazione di un modello antidemocratico come quello prefigurato dal DDL Gelmini possa diventare, paradossalmente, un’occasione per l’ampliamento degli spazi democratici. Non c’è nessun margine d’intervento perché semplicemente non ci sono i soldi e non c’è nessuno intenzionato a restituirceli, ecco perché c’è solo un governo da buttare giù. Ecco perché la scrittura dello statuto non può essere migliorata, ma va impedita con ogni mezzo, finanche costringendo il ministero ad inviare il tanto temuto commissario, nella nostra come nelle altre università. Non saremo felici di vedere gli spazi democratici nell’ateneo ancor più ristretti, ma è al governo che puntiamo, ed “interloquire” con una sua emanazione diretta come un commissario è per noi un’opportunità politica, un’altra via, appunto, per buttarlo giù. Del resto cosa ci aspettiamo dalla più “democratica” commissione attuale? Avessimo una commissione di “illuminati” non potrebbe comunque far altro che avallare il terrificante impianto ideologico della legge. Essendo più realisti si tratta di scegliere se a curare solo i propri interessi sia una ristretta casta di baroni di casa nostra o il prescelto dal ministero, in ogni caso a scapito degli interessi di studenti, ricercatori, dell’Università Pubblica in generale.
E la contro-riforma non è ancora finita. Il governo molto presto si accingerà ad emanare i quasi cinquanta decreti attuativi previsti dalla manovra. Decreti che gli permetteranno, nei prossimi anni, di fare il bello ed il cattivo tempo nei solchi criminali tracciati dalla Legge Gelmini, che metteranno in atto quei principi di discrezionalità, di finta meritocrazia e di accentramento necessari per rendere l’Università Pubblica il giardino ed il laboratorio privato dei potentati economici e politici del paese.
Ciò rende ancor più impellente la necessità di fare pressione e lottare direttamente contro il governo in quanto ogni aspetto di questa epocale ristrutturazione del nostro stato sociale ci riporta ad un unico obiettivo: la cacciata definitiva di questo governo.
Per questo lavoreremo per la riuscita dell’assemblea del 30 Marzo e per il rilancio della mobilitazione, con questi chiari obiettivi, in tutte le università italiane a partire dalla nostra.
Collettivo P2 Occupata
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